Quando le persone mi raccontano la loro storia alimentare, quando mi parlano del loro rapporto con il cibo o dell’effetto che le scelte alimentari hanno avuto sul loro corpo, mi confermano, senza esserne consapevoli, che non è una questione di peso!
Se mangiare troppo è un modo per tacitare l’ebollizione della nostra personale lava emotiva, per sopravvivere alla noia di una quotidianità che non ci soddisfa, se è una compulsione grazie alla quale abbiamo superato una parte drammatica della nostra esistenza o un modo per punirsi per colpe immaginate, la dieta è un tentativo fallimentare di riprendere il controllo.
L’illusione di credere che la vita un giorno sarà diversa dalla giornata appena trascorsa.
L’idea che cambiare il numero impresso sulla bilancia porterà con sé una leggerezza che imprigionerà in una bolla di sapone tutte le angosce fino a farle scomparire.
E’ la magia del “quando diventerò magra…” che allontana da noi la concreta possibilità di realizzare le speranze!
Parliamo di chili persi o guadagnati, di diete scelte e abbandonate e di quanto sia frustrante continuare a cercarne altre sapendo che la conclusione del percorso non può essere diversa.
Se gli elementi in gioco non cambiano il risultato non può che essere lo stesso.
Scriveva Albert Einstein:
“Follia è fare sempre le stesse cose aspettandosi risultati diversi”.
Quando inizio a spiegare il mio lavoro di Coach dell’Emotional Eating e di Counselor alimentare e rivelo che nella nostra relazione con il cibo le emozioni contano molto più delle calorie, trovo immediatamente il plauso di chi è stanco di anni di rinunce, condizionamenti e critiche frustranti.
Sono tutte desiderose di ascoltarsi, di sentire i segnali del corpo e di modificare per sempre il rapporto che hanno con la focaccia, i dolcetti alla crema, il pane caldo, la cioccolata o qualunque cosa si trovi nella dispensa in quei momenti.
Hanno nascosto dietro alla coperta troppo corta del piacere di mangiare episodi di iperalimentazione o pasticci troppo calorici. Sono rimaste con la frustrazione dell’errore senza riuscire più a ricordarne la fase realmente appagante.
Questo perché il cibo è un piacere.
Ma quando una cosa ti piace veramente ci fai attenzione, la ami, le dedichi tempo, la vivi in ogni istante in cui è con te. Godi a pieno dell’esperienza.
Chi ha vissuto una parte più o meno ampia della propria vita nel tentativo di frenare la propria fame e di controllare il proprio corpo sa esattamente di cosa parlo. Per questo quando si apre la possibilità di una strada diversa da quelle normalmente conosciute per fare pace con il cibo, gli occhi si aprono per una volta più dello stomaco e la curiosità si mescola al desiderio di saperne di più.
Tuttavia sento chiaramente che per quanto sia attraente e vicino all’esperienza personale di ognuno, è tangibile la difficoltà di affidarsi all’idea che si possa vivere senza la croce della dieta e non correre il rischio di perdere il controllo.
Questa possibilità genera paura!
Dopo qualche incontro scatta infatti il desiderio di controllare il proprio peso e spiare le scelte alimentari che ci si appresta a compiere per sentire e provare a toccare l’efficacia del percorso, per verificarne la veridicità. Siamo troppo abituati a misurare i successi in centimetri per accettare ed accogliere il fatto che il beneficio possa essere sentito prima nell’anima e solo successivamente sulle cosce!
In queste fasi mi rendo conto che la dinamica sono brava, ascolto, eseguo e perdo peso è difficile da scardinare.
Invito quindi a ricordare che se avessimo scelto un percorso lineare di esercizio della volontà con l’unico obiettivo di lasciar andare momentaneamente chili in eccesso per poi ritrovarli alla prossima difficoltà emotiva, avremmo potuto ritagliare consigli detox da qualche rivista…
Uno dei motivi per cui è difficile abbandonare l’idea della dieta e del controllo è la paura di lasciar andare uno strumento attraverso cui misurare la nostra bravura: sono brava perché ho rinunciato al dolce, sono brava perché ho perso due chili, sono brava perché sono uscita dal bar senza mangiare il cioccolatino nel caffè.
Il valore a sé stessi viene dato in base al numero di rinunce fatte nell’arco della giornata.
Non riusciamo a misurare il successo personale in altro modo. Non riusciamo a sentirci complete solo per il fatto di esserci prese cura di noi.
Questo controllo costante è una rete a maglie troppo larghe, è una finestra serrata ma piena di spifferi che non ci concede uno sguardo aperto sul nostro mondo interiore ma ci lascia in balia di correnti pungenti come aghi. Ci siamo convinte che per difenderci dal cibo l’unica cosa da fare è combatterlo provando a vivere nella privazione e quando non ce la facciamo più, allora ci abbuffiamo.
Interrompere una dieta non sarebbe così compromettente se venisse fatto dopo un periodo di attenzione e di scelte efficaci: si potrebbe decidere di lasciarsi un po’ andare durante l’inverno dietro la protezione di morbidi maglioni per poi modificare qualcosa in primavera al fine di scoprirsi con serenità.
La realtà purtroppo è che la dieta più difficile da superare è quella che ci costringiamo a seguire inconsapevolmente tutti i giorni, quella che non ha un inizio.
E’ una vocina stridula che ogni minuto ci dice che avremmo potuto rinunciare a qualcosa o scegliere meglio qualcos’altro. Che stiamo prendendo la doppia porzione o ci siamo riempite troppo il piatto, che sarebbe opportuno rinunciare al dolce e che dovremmo proprio saltare il pasto.
E’ una presenza talmente costante e faticosa che ci toglie parecchia energia e che non sappiamo più come arginare se non nel modo che abbiamo sempre applicato in presenza delle nostre fonti di stress: MANGIANDO QUALCOSA!
Attraverso i miei percorsi di Emotional Eating il primo obiettivo che mi pongo è quello di aiutare le persone ad interrompere questa crudele ed inutile dieta della mente.
Ma in un percorso di coaching non sono io a dover stabilire gli obiettivi.
Quale potrebbe essere il tuo obiettivo in un percorso di coaching sulla fame emotiva?
Quale fame vorresti saziare?
Un articolo molto interessante che offre molti spunti di riflessione ed aiuta a comprendere meglio il problema…. che non è mai un problema di peso. Ti seguirò molto volentieri.